Di Gianandrea Abbate
Penso possa essere utile approfondire il tema enunciato dal titolo e lo faccio rispondendo alle tre domande che più spesso mi vengono poste dagli utenti.
Quanto può incidere la psicolinguistica nell’ambito della comunicazione?
L’efficacia della comunicazione si valuta su 3 fattori chiave: il posizionamento del concetto merceologico nella mente del consumatore (il dove), il contenuto dell’advertising (il cosa) e il modo in cui ottimizzare l’efficacia dl messaggio (il come): la psicolinguistica studia questi tre fattori e soprattutto come a certi segni corrisponde la percezione collettiva di certi concetti e viceversa, secondo una logica emotiva estremamente precisa.
La psicolinguistica ha dimostrato che la psiche emotiva, indipendentemente dalla diversità del target, reagisce con le stesse dinamiche agli stimoli.
Aiutando a capire il posizionamento emotivo e gli effetti sulla psiche di tutti gli stimoli comunicazionali, fornisce un interessante contributo ad agenzie ed aziende nella messa a punto dei messaggi e nell’ottimizzazione della loro efficacia e degli investimenti in comunicazione, riducendo al minimo il margine di errore, perché individua per ogni concetto gli elementi emotivi costitutivi inconsci.
Ricordiamo che la psiche del consumatore può essere rappresentata come un iceberg: la parte visibile/razionale, che raffigura i bisogni espliciti e i comportamenti manifesti, non costituisce che il 30% rispetto ad un 70% di massa nascosta, che è la parte emozionale. La ricerca psicolinguistica studia le situazioni emotive alla base di quel 70% dei comportamenti umani.
Questo aspetto diviene fondamentale se si considera che un concetto positivo, se inserito in un contesto che suscita emozioni negative, può subire una perdita di ricordo pari al 50-60%. Intervenendo sugli elementi distonici del linguaggio è possibile modificare la reazione del pubblico e questo intervento si traduce in un aumento del ricordo e in definitiva del sell out.
Qual è stato il passo successivo alla psicolinguistica?
Il campo delle ricerche sul consumatore si è in realtà rinnovato veramente poco nel corso degli ultimi anni, fatta eccezione per il neurobiomarketing: noi, dopo anni di indagini psicolinguistiche, siamo approdati ad un collaudo di questa nuova metodologia, riuscendo ad ottenere un risultato fruibile e utilizzabile quotidianamente.
Le rilevazioni attraverso le apparecchiature di neurobiomarketing rappresentano un dato significativo ed efficace, però, soltanto nel momento in cui sono associate alla ricerca psicolinguistica e oggi il neurobiomarketing rappresenta una delle frecce all’arco della ricerca, capace di dare risultati vincenti.
Neuromarketing: in cosa consiste?
Neuromarketing International© è un nuovo sistema di ricerca che affonda le radici nel neurobiomarketing ed è finalizzato alla misurazione dell’attività emozionale e cognitiva del consumatore, da un punto di vista neurologico oltre che fisiologico, rilevando gli effetti frame by frame.
Per mezzo di un elettroencefalografo, si misura l’attività elettrica cerebrale del soggetto sottoposto al test, mettendola in relazione con la variabile di marketing. Contemporaneamente si rilevano la frequenza del battito cardiaco con un elettrocardiogramma, le contrazioni muscolari del volto con un elettromiografo e il livello di sudorazione e le variazioni della temperatura cutanea con un elettrodermiografo. Infine, i dati ottenuti vengono confrontati e analizzati su base statistica: è una metodologia davvero innovativa.